giovedì 8 ottobre 2009

Ciccio Grabbi allenerà i Pulcini bianconeri

Lui, Corrado Grabbi, il primo e più convinto oppositore di Luciano Moggi ai tempi in cui in Italia non c'era un calciatore capace di alzare lo sguardo di fronte al "direttore", è tornato alla Juventus. Allena i pulcini, un bel segnale. Un giocatore forte e sfortunato (otto, almeno, gli infortuni ai piedi) chiude una carriera ingenerosa rispetto al talento e sceglie di tornare tra i bambini per insegnar loro la tecnica di base e come un sogno di gloria si sostenga con i comportamenti.

Il ritorno di Grabbi alla Juventus, la sua prima casa, dice dell'aria che si respira, aria fresca, in una Juventus mai davvero demoggizzata. A Grabbi è bastato andare a parlare con Ciro Ferrara e il posto di allenatore è saltato fuori. Moggi ha tanti amici in corso Galileo Ferraris, ma se davvero contasse ancora nella palazzina a tre piani Corrado Grabbi neppure sarebbe entrato.

Ecco, Corrado Grabbi, 34 anni, ragazzino che nei Novanta sfondava in ogni nazionale giovanile si schierasse. Uno scudetto vinto con la Juventus nel '94'-95 (giocando due gare e segnando un gol), 54 reti in due stagioni al Modena, acquistato dal Blackburn per venti miliardi di vecchie lire e un paio tra salvezze e promozioni da appuntarsi al petto (Messina e Genoa). Il ragazzo ha deciso l'altro ieri in Svizzera, centravanti al Bellinzona, che avrebbe smesso con il calcio: troppi dolori per quei piedi diventati d'argilla. E, come passo successivo, ora prova a mettere la sua tecnica e un po' di sofferenza al servizio degli adolescenti.

È diventato uno dei tre allenatori della leva calcistica 2000, Grabbi. Bimbi di nove anni che non possono sapere che contro di lui, quand'era un attaccante di belle speranze, Luciano Moggi s'inventò risse al Sestriere e le diede in pasto alla stampa: il giovanotto non intendeva dare la sua procura al figlio Alessandro e andava punito. I bimbi della nuova Juve non possono sapere che il loro allenatore, in un box del calciomercato allestito a Milano, rifiutò il trasferimento al Prato e prese in faccia l'ultima minaccia del "direttore": "Giocherai solo nel giardino di casa tua". Anche da lì, da quelle prime opposizioni, è nata la cacciata di Big Luciano dal calcio italiano, la frantumazione della Gea. Grabbi, sì, accese il falò, poi lo attizzarono Fresi e Miccoli.

Ora, chiusa un'era, Corrado Grabbi ha portato alla Juve la sua esperienza e pure il figlio, Edoardo, primogenito. Il piccolo ha nove anni e gli piace giocare in attacco. Il suo allenatore è Riccardo Scirea, figlio di Gaetano.

Grabbi padre e figlio, molto più di Moggi e delle sue stagioni da censura, sono un pezzo della Juventus, della sua storia. Il centravanti è nato e cresciuto attorno al vecchio stadio Comunale, quartiere Santa Rita, erede di una famiglia di calciatori bianconeri. Nonno Giuseppe vinse uno scudetto con la Juve nel '26, il secondo dell'albo, e fu convocato con la nazionale italiana contro l'Austria. Papà Luigi arrivò a giocare nella Primavera bianconera, poi si fermò. Il nonno, negli anni Venti che non garantivano a un calciatore sopravvivenza, fondò l'impresa edile di famiglia, papà Luigi la portò avanti nel dopoguerra. Poi Corrado, prima calciatore, forte, fragile, ribelle. Ora allenatore. E ancora il piccolo Edoardo. Quattro generazioni di Grabbi, per una Juventus migliore.

(Fonte: la Repubblica, 18 settembre 2009)

domenica 8 marzo 2009

Grabbi e l' incubo Ternana Correre senza avere i piedi

Da La Gazzetta dello Sport (28 aprile 2000)

Grabbi e l' incubo Ternana Correre senza avere i piedi «Sfido chiunque a giocare senza i piedi». E poi: «Come si fa a correre senza i piedi?». Già, come si fa? Corrado Grabbi se l' è chiesto molte volte quando era alla Ternana e doveva comunque andare in campo. È successo 14 volte, spiccioli di partita e un dolore quasi insopportabile: «Un anno terribile, una vera tragedia». Non ha paura a usare frasi forti adesso che il capitolo si è chiuso, adesso che quel rognoso stopper che si chiama morbo di Lederhaus ha finito la carriera. Spiega Grabbi: «Un caso rarissimo, uno dei pochi in Italia. Sono stato colpito da una specie molto grave di ispessimento dell' arco plantare che mi impediva perfino di camminare. In pratica, hanno dovuto ricostruirmi la pianta dei piedi». Due volte sotto i ferri, prima e durante la sfortunata esperienza di Terni. Lo operano i medici della Juve (proprietaria di metà del cartellino) e questo resta, per il momento, l' unico legame con la società che l' ha visto nascere e poi mandato in giro perché crescesse. «Stavo male - dice ancora Grabbi - e lo sapevano tutti. Giocavo ma era come se non ci fossi. Me ne sarei rimasto volentieri fermo, ma capisco la società: doveva dimostrare che avevo un valore, che nonostante tutto potevo essere impiegato. Mai fatto un allenamento, e non è un modo di dire: tutto vero». Gioca e segna anche: su rigore al Chievo e al Verona. «No, lasciamo perdere i gol. Ero a pezzi, correvo sui talloni, mi sentivo al dieci per cento, forse meno, rispetto agli altri. Tra l' altro stavo facendo anche il servizio militare: alla fine, mi hanno dato 160 giorni di convalescenza, non male». I numeri sono questi, i tempi dicono tutto: prima operazione nel giugno ' 98, la guarigione completa nell' ottobre ' 99. «Ho imparato cosa significa soffrire, per fortuna la squadra mi resta vicino, soprattutto Borgobello». Sì, perché c' è anche una squadra e un campionato da vivere. E l' esonero di un allenatore: «Una decisione che non ho capito, anche se io ero l' ultimo a poter dire qualcosa. C' era un rapporto eccezionale con Cuccureddu, un bravo tecnico, uno capace di motivare i giocatori. A volte, era lui stesso a chiedermi di giocare, anche per questo accettavo di farlo nonostante non fossi a posto. Adesso, vedo che sta portando il Crotone in serie B: un traguardo che merita di raggiungere». Lederhaus e la Ternana sono in archivio: adesso c' è soltanto il Ravenna e tanti brutti ricordi che ogni tanto riaffiorano: «Una partita che sento moltissimo, so che mi temono... Vorrei finire bene il campionato: arrivare in doppia cifra. Da gennaio, da quando sono tornato quello di prima, ho segnato 9 gol. Qui ho trovato un ambiente eccezionale, la società che ha creduto in me anche se arrivavo da una stagione molto tribolata». Per il Ravenna e per Grabbi quello che è successo l' anno scorso non conta: «Ho il vantaggio dell' età, se mi fosse capitato questo guaio a 30 anni, davvero non so come avrei reagito. Non so se avrei avuto la forza per continuare».
Longhi Guglielmo